Il bosco della Falanga è la migliore risposta al perché "Isola Verde" è l’altro appellativo con cui Ischia è conosciuta nel mondo. Quasi 6 ettari di castagni a 600 metri sul livello del mare costituiscono infatti un patrimonio naturalistico di assoluto rilievo, tanto più in un territorio circoscritto per definizione com'è un’isola.
Non solo natura. Oltre che per il bosco di castagni e la straripante macchia mediterranea, la Falanga è famosa perché reca numerose tracce dell’architettura rupestre dell’isola d’Ischia. I grossi blocchi di tufo verde che si incontrano qua e là nel bosco venivano infatti trasformati dalle maestranze locali in ricoveri temporanei, cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, cellai per la conservazione del vino e, addirittura, in "palmenti", le vasche di lapillo dove veniva spremuta l’uva al tempo della vendemmia.
Per non dire delle "fosse della neve", buche profonde più di 4 metri con un diametro di quasi 6 metri, che servivano a trasformare in ghiaccio la grandine e la neve cadute durante i mesi invernali. Il "nevajuolo", presente sull’isola fino agli anni '20 del secolo scorso, specialmente nella frazione di Fontana, era la figura cui spettava il compito di seguire per intero la filiera della raccolta e la conservazione della neve. Un processo faticoso che passava prima per il rivestimento interno della vasca con le "parracine", i caratteristici muri a secco locali; proseguiva, poi, per l’ammassamento della neve e della grandine all’interno della buca; terminava coprendo la fossa con tronchi d’albero e fogliame per impedire che il calore sciogliesse la preziosa materia prima.
Un passato che non c’è più e che però testimonia di come la natura, abilmente plasmata dall’ingegno dell’uomo, garantisse alla comunità locale tutto ciò di cui aveva bisogno. La generosità del suolo vulcanico permetteva di coltivare la vite fin oltre i 500 metri sul livello del mare. La legna dava il fuoco. La neve veniva trasformata in ghiaccio. Il tufo in abitazioni fresche d’estate e calde in inverno.
Si intuisce facilmente perché in un posto simile non potesse mancare una chiesa dove raccogliersi in preghiera e invocare la protezione di Maria, la madre di Gesù. La Chiesa di Santa Maria al Monte è l’altro motivo per cui vale la pena visitare il bosco della Falanga. Una piccola chiesa rupestre del ‘500, "gemella" della più famosa Chiesa della Madonna della Libera, in località Cierco.
Il sentiero per la Chiesa e per il bosco della Falanga inizia da Via Bocca, una strada laterale alla Provinciale che collega il centro di Forio con la frazione di Panza. La strada è carrabile, bisogna però fare molta attenzione in alcuni tratti che presentano una forte pendenza.
L’alternativa, più adatta agli amanti del trekking, è imboccare Via Nuova Falanga poco dopo il cimitero di Serrara Fontana. Si tratta di un bel sentiero di montagna che conduce all’omonimo bosco di castagni, via Frassitelli, una piccola e suggestiva selva di acacie che regala una vista meravigliosa della costa sud-occidentale di Forio. L’ingresso dei Frassitelli è segnalato sulla destra da un portale in pietra verde che collega il sentiero della Falanga con l’altro della Pietra dell’Acqua, la "cresta dell’isola d’Ischia" da cui è possibile arrivare fino all’eremo di San Nicola e alla vetta del Monte Epomeo a 789 metri sul livello del mare.
N.B.: Sia da Via Bocca che lungo il percorso di Via Nuova Falanga non sono presenti fontane o sorgenti d’acqua. L'unica è in corrispondenza della Chiesa di Santa Maria al Monte. Necessarie scarpe da trekking e indumenti tecnici a strati. Consigliato l’uso di bastoncini da trekking.