1. Sono diversi dai napoletani e dai capresi
2. Sono gran lavoratori, ma anche goderecci
3. C'è un radicato cristianesimo
4. Ischia è un'"isola di terra"
5. Lo stile di vita è sobrio
1. Gli ischitani sono diversi dai napoletani e dai capresi. Così sosteneva Norman Douglas (1868 - 1952), autore, nel 1931, del bel libro "Summer Islands: Ischia e Ponza". Già, ma in cosa consisterebbe questa diversità? Secondo lo scrittore inglese:
«Gli ischitani, in un certo senso, fanno parte di una razza mista sono privi dell'omogeneità sanguigna della gente vesuviana. Ma hanno tuttavia una propria specifica personalità, si distinguono dai capresi che hanno perso ogni stile e impronta (...) L'apparente sguardo cupo di tanti ischitani è semplicemente un inganno, cela soltanto la timidezza di chi ha dovuto subire per lunghi secoli le scorrerie dei pirati e i soprusi dei tiranni locali».
2. Un popolo schivo, dunque, che però nel tempo ha imparato a godersela. Questa, almeno, era l'opinione del compianto Vescovo di Ischia Mons. Filippo Strofaldi (1940 - 2013) che in un'intervista del 2009 riferì al giornalista Locatelli de "La Repubblica Napoli":
Gli ischitani hanno acquisito una mentalità vacanziera: sono goderecci ma lavoratori». Aggiungendo, subito dopo: «C'è un radicato cristianesimo, che però si nutre di aspetti folcloristici».
3. La religiosità popolare, perciò, è un'altra caratteristica dell'isola d'Ischia. Sono tante, infatti, le feste religiose che si svolgono durante l'anno; quasi tutte con rimandi evidenti a quel folclore, tendente al ritualismo, sottolineato dal "vescovo con la chitarra", come veniva chiamato Strofaldi per via della passione musicale. Le celebrazioni del ponte pasquale sono probabilmente il periodo migliore per cogliere gli aspetti più caratteristici di questa deriva. Come la consuetudine, durante la Corsa dell'Angelo di Forio, di abbassare al suolo per tre volte lo stendardo dell'Arciconfraternita Santa Maria Visitapoveri, prestando attenzione a che lo stesso non sfiori mai l'asfalto. Chiaro il rimando ad antichi riti di fecondazione della "Madre Terra", per altro assai frequenti nell'Italia rurale del sud. Aspetti, questi, che ci portano "dritti dritti" al prossimo punto.
4. Ischia è un'"isola di terra"; un territorio in cui, storicamente, i contadini sono sempre stati assai più numerosi dei pescatori. Gli effetti di questa "supremazia" - che tra l'altro rende Ischia assai diversa pure dalla vicina Procida - vanno ricercarti nella gastronomia: sono il vino e l'allevamento del coniglio, infatti, le colture principali dell'isola, quelle che per secoli hanno garantito la sussistenza della popolazione. Questo non significa che non si mangi pesce; solo, la cucina marinara, tipicamente partenopea, è più un portato turistico che la vera vocazione dell'isola.
5. Frugalità, nel senso letterale di sobrietà nell'alimentazione e nello stile di vita in genere. Un aspetto, questo, evidenziato già nel '700 dal vescovo irlandese George Berkeley che descrisse gli ischitani come "privi di di ambizione" e su cui tornerà, due secoli dopo, un altro ospite illustre: W.H.Auden. Nella celebre poesia di commiato da Forio e dal Sud, "Goodbye to the Mezzogiorno", Auden infatti scrisse questi, memorabili, versi:
Per benedire questo paese, le sue vendemmie e gli uomini
Che lo chiamano casa loro: sebbene non sempre si possa
Ricordare esattamente perché si è stati felici,
Non ci si dimentica d'esserlo stati».