Ischia è il primo insediamento della Magna Grecia. Nel 1955 l’archeologo tedesco Giorgio Buchner, ritrovò nella necropoli di San Montano, ai piedi della collina di Monte Vico nella parte nord-occidentale dell’isola (Lacco Ameno), la Coppa di Nestore. L’incisione laterale di questo reperto archeologico (725 a. C.) rappresenta il primo frammento di poesia conservato nella sua stesura originale, al pari dei celebri poemi omerici. Se dagli scavi è emerso che i greci realizzarono nella parte N-O dell’isola la colonia di Pithecusa, il successivo ritrovamento, tra il 1993 e il 1995, nella zona S-O dell’isola in località Punta Chiarito (Forio) di una fattoria di agricoltori, consente di collocare l’insediamento dei coloni una ventina di anni prima rispetto all’ipotesi originaria. Quel che è certo, la posizione strategica dell’isola, vicina alla terraferma, eppure distante, relativamente piccola, quindi facilmente governabile, ma ricca di risorse, fu il fattore decisivo per i coloni greci nella scelta di insediarvisi.
L’instabilità sismica del territorio determinò il progressivo spopolamento della colonia - che nel suo periodo di maggiore splendore pare arrivò a contare 10.000 abitanti - a favore di Cuma.
Nel 474 a. C. l’isola fu occupata da Gerone I, tiranno di Siracusa. I Cumani intesero risarcirlo per l’aiuto ricevuto nella guerra contro i Tirreni, consegnandogli di fatto l’isola.
Dopo i Greci fu la volta dei Romani. Nello specchio d’acqua davanti l’isolotto del Castello Aragonese, sul versante orientale dell’isola in località Cartaromana (Ischia), sono stati trovati reperti di un’antica fabbrica di vasellame ed una fonderia di stagno e piombo, da cui pare l’altro antico nome di Ischia, Aenaria.
Va detto che i Romani non investìrono più di tanto su Ischia. Sicuramente non come fecero a Cuma, Baia, Pozzuoli, Capri. Quest’ultima, come sappiamo, fu addirittura dimora preferita dell’imperatore Tiberio.
I reperti dell’epoca classica greco-romana sono oggi visitabili presso il Museo di Villa Arbusto e quello di Santa Restituta, entrambi nel comune di Lacco Ameno.
Dopo il disfacimento dell’Impero Romano seguirono secoli di saccheggi e barbarie ad opera di Visigoti, Vandali, Arabi. Particolarmente virulente, dal IX -X secolo fino alla fine del XVI secolo, le incursioni di questi ultimi, genericamente chiamati Mauri o Saraceni. Nacque così l’esigenza da parte della popolazione locale di costruire “osservazioni fortificate” con funzioni di avvistamento e difesa su tutto il territorio isolano. Il primo piano integrato di realizzazione di strutture difensive costiere fu per opera degli Angioini, seguiti, con maggior successo, dagli Aragonesi.
La diversa geometria delle torri, presenti in particolar modo nel comune di Forio, alcune a base circolare e struttura conica (periodo angioino), altre a base quadrata e con mura più spesse (periodo aragonese), risente dei diversi stili architettonici delle due dinastie. Uguale considerazione per il Castello di Ischia, la cui fortificazione fu iniziata da Carlo I D’Angiò e poi terminata, due secoli dopo, da Alfonso V di Aragona.
Gli Aragonesi, anche attraverso la famiglia alleata dei D’Avalos, governarono l’isola, non senza turbolenze, ininterrottamente per quasi tre secoli. Le cose cambiarono attorno agli anni ‘40 del 1600 quando il Regno di Spagna, sotto la dinastia asburgica, si trovò al centro di una serie di conflitti con le altre potenze europee e con sollevazioni nelle periferie dell’Impero, per far fronte alle quali si rese necessario un inasprimento del prelievo fiscale sulle attività dei sudditi.
Ai D’Avalos, sempre fedeli alle diverse dinastie succedutesi sul trono del Regno di Napoli, fu accordata la possibilità di determinare autonomamente l’imposizione fiscale sui territori di loro pertinenza, cosa che provocò un’accresciuta disistima nei confronti della famiglia, culminata in una sommossa popolare dopo la morte di Michelangelo D’Avalos (1729). La sommossa riguardò anche Ischia, che, terminato il periodo asburgico, passò sotto il controllo diretto della corona dei Borbone, sino al disfacimento del Regno delle due Sicilie e al successivo avvento dell’unità d’Italia.
Durante il periodo borbonico furono realizzate importanti opere: numerose strade, l’acquedotto, ma soprattutto l’inaugurazione del porto, avvenuta nel settembre del 1854 per volere di Ferdinando II. Tale evento aprì nuovi e decisivi orizzonti per l’economia ischitana.