ll mese di settembre è da sempre un mese importante per Ischia. È infatti tempo di vendemmia, un appuntamento che, lungi dallo scomparire sotto il peso delle "nuove" esigenze del turismo, si è arricchito di un ulteriore significato: il passaggio dai ritmi frenetici dei mesi estivi al tempo lento dell'autunno e dell'inverno sull'isola. Una tradizione, dunque, che negli ultimi decenni è venuta configurandosi anche come "rito di passaggio", continuando, per altro verso, nella sua funzione simbolica di ribadire l'appartenenza dei singoli al gruppo parentale, amicale, con cui viene condivisa l'esperienza della raccolta delle uve e la loro successiva vinificazione.
Naturalmente, per chi di viticoltura vive, l'appuntamento con la vendemmia ha un'importanza economica decisiva e, infatti, il merito della sopravvivenza di questa antichissima tradizione è senza dubbio da attribuire in buona parte alle case vinicole isolane e ai loro sforzi per ammodernare la produzione.
Grazie all'esempio dei produttori locali, i viticoltori privati hanno potuto, "a cascata", migliorare la resa produttiva dei loro vigneti, meccanizzando la torchiatura, utilizzando moderne vasche in pvc per la raccolta del mosto, sostituendo infine le vecchie botti in legno con più pratici sylos d’acciaio. Il raffronto con le tecniche produttive di un tempo è impressionante e dà l'idea dell'enorme fatica che dovevano fare i vecchi agricoltori dell'isola per ricavare il loro prodotto.
Innanzitutto, il lavoro di spremitura dei grappoli avveniva in più fasi: una prima spremitura delle bacche veniva fatta a piedi nudi in grandi vasche in lapillo battuto, dette "palmenti", cui seguiva una seconda spremitura della vinaccia a mezzo di un rudimentale sistema di contrappesi fatto da grandi pali di legno collegati, tramite funi, a un enorme masso di tufo verde, la "pietratorcia". Per non parlare delle cantine, ricavate scavando a mano nella roccia e areate da quattro aperture nella parte alta della cella, dette "ventarole", ciascuna in corrispondenza di un punto cardinale.
Oggi molte cantine sono climatizzate, la raccolta si avvale di moderne tecnologie e i prodotti a base di rame prevengono le numerose malattie che possono attaccare l’apparato fogliario, i germogli e i grappoli della pianta. Ciò che rende però ancora difficile, e per certi versi dis-economica, la produzione vinicola a Ischia è la fase di raccolta delle uve che, a differenza di altrove, avviene ancora in gran parte manualmente a causa della limitata estensione dei terreni e della loro difficile orografia.
Al netto delle criticità, la magia di questa consuetudine è ancora attuale e al visitatore attento di certo non sfuggirà l’odore forte delle uve, del mosto, che riempie le arterie stradali dell’isola a partire dalla seconda metà di settembre fino alla prima decina di ottobre.