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Arnold Böcklin, l'isola dei morti e il Castello Aragonese

Il famoso quadro di Böcklin e il suo legame con il Castello

C’è un quadro famosissimo, la cui stima attuale è vicina ai cento milioni di euro, che pare abbia avuto come modello il maestoso Castello Aragonese di Ischia. La tela è "L’isola dei morti" (Die Toteninsel) di Arnold Böcklin (1827 - 1901) e a sostenere la tesi che l’isola dipinta dal pittore svizzero sia effettivamente il Castello di Alfonso V di Aragona è lo scrittore e storico dell’arte Hans Holenweg.

Docente dell’Università di Basilea, nonché fondatore e curatore dell’archivio completo delle opere e della vita di Böcklin, Holenweg giunge a questa conclusione perchè l’artista, su sollecitazione della figlia Clara e dal genero scultore Peter Bruckmann, era stato effettivamente a Ischia appena sei mesi prima della realizzazione della originaria versione del dipinto (di cui esistono in tutto cinque versioni realizzate tra il 1880 e il 1886); anche se, almeno dalla lettura dell’epistolario privato con la moglie Anna, le giornate ischitane di uno dei più grandi interpreti del simbolismo non sembrano certo allegre o foriere di ispirazione.

Scrive Böcklin:

"Mi alzo alle cinque e vado allo stabilimento termale. Là  aspettano già venti persone, quasi tutte vecchie [...] Nella vasca che per me è troppo piccola mi annoio a morte [...] cinque minuti nella vasca sono più lunghi di un’ora fuori. Alle 7 vado in un vicino bar a fare colazione [...] poi mi dirigo verso la spiaggia, mi siedo all’ombra di uno scoglio e osservo il mare [...] Non ho voglia di cominciare alcuna cosa, non mi viene la minima ispirazione per un quadro. Continuo a non fare niente altro che sedermi sugli scogli vicino al mare [...] ora capisco come un’anacoreta possa trascorrere cento anni nel deserto, senza perdere la pazienza. Quando non si pensa a niente , credo, la mente dorme".

E allora, secondo quanto sostiene Holenweg, è un altro l’indizio decisivo, ovvero la circostanza mai emersa in precedenza, che fu lo stesso Böcklin a confidare all’allievo Friedrich Albert Schmidt che l’idea del quadro nasceva dall’osservazione del Castello Aragonese. Che, evidentemente, doveva averlo ispirato solo a distanza di mesi (la prima versione dell’opera è di maggio 1880).


L’episodio potrebbe facilmente essere derubricato a semplice curiosità se non fosse che i critici d’arte hanno versato fiumi di inchiostro per stabilire lo scenario evocato nell’opera: prima della rivelazione recente di Holenweg (2011), si è alternativamente sostenuto che l’isolotto roccioso ripreso nel quadro fossero i Faraglioni di Capri, l’isola di San Giorgio a largo della Repubblica di Montenegro, oppure l’isola di Pontikonissi (Isola dei topi), davanti la costa di Corfù. Certamente, il quadro evoca il Cimitero degli Inglesi a Firenze, nei cui paraggi l’artista aveva effettivamente studio e dove venne sepolta una delle sue figlie (Maria) prematuramente scomparsa.

L’altro aspetto che rende la faccenda estremamente interessante è che quest’opera (sarebbe meglio dire le diverse versioni di questa) ha affascinato molte personalità della storia del ‘900: alcune tragiche, come Adolf Hitler, che si racconta fosse così ossessionato dall’alone misterico del dipinto da essersene aggiudicato all’asta la terza versione (oggi esposta presso l’Alte Nationalgalerie di Berlino) nel 1936, tre anni dopo la sua ascesa al potere in Germania. O prima di Hitler, Lenin, il padre della Rivoluzione d’Ottobre che pare ne avesse una stampa in camera da letto. Per non dire del padre della psicoanalisi Sigmund Freud e degli altri grandi pittori Salvador Dalì e Giorgio De Chirico. Da ultimo, solo per restare alle personalità più famose, il compositore sovietico naturalizzato statunitense, Sergej Rachmaninov, che compose un poema sinfonico dal titolo omonimo dell’opera di Böcklin.

Tutti ispirati dunque dall’artista svizzero e "de relato" da Ischia, un’isola dal fascino esoterico, che la recente rivelazione di Holenweg non fa altro che ribadire e alimentare.

 

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