Fino agli anni '50 del secolo scorso, l'agricoltura, specialmente la viticoltura, è stata la principale risorsa economica dell'isola d'Ischia. Anche i traffici con la terraferma erano quasi tutti legati alla commercializzazione del vino anche se, come osservato dai coniugi Geoffrey e Kit Bret Harte nel libro "L'isola nel sole" (Imagaenaria Edizioni Ischia, 2013) succedeva che:
"Nonostante il vino fosse il prodotto principale dell’isola e Napoli il principale mercato, Ischia non era molto conosciuta, per cui quando il vino arrivava a Napoli veniva imbottigliato ed etichettato come Capri o Vesuvio."
Una sorta di "damnatio memoriae" che il turismo, soprattutto all'inizio, ha continuato ad alimentare incoraggiando l'abbandono delle terre a favore dell'espansione urbanistica, con l'inevitabile scomparsa di molte tracce storiche del legame strettissimo tra vino e territorio. Molte, ma non tutte, specie quelle dovute alla differente orografia dei versanti dell'isola d'Ischia che inevitabilmente ha influenzato, e continua a farlo, le tecniche colturali della vite.
È un fatto che l'intera fascia pedemontana occidentale del Monte Epomeo (Campomanno, Fango, Monte Nuovo, Pannoccia, Monte Corvo, Pietra Martone) risulti caratterizzata da una maggiore quantità di tufo verde che garantisce la fertilità del suolo con il determinante apporto di potassio al terreno. Non solo, perché in questa zona la maggiore circolazione idrotermale dovuta alla presenza di diverse sorgenti fumaroliche (Rione Bocca, Monte Cito, Pizzone) crea un microambiente particolarmente favorevole alla coltivazione della vite che qui, inoltre, non è necessario far crescere più di tanto in altezza per via della migliore esposizione solare. Ma non è finita, perché la presenza di numerosi blocchi di tufo verde ha consentito nei secoli il loro riadattamento per molteplici scopi: case; ricoveri temporanei; depositi per la conservazione degli utensili agricoli e della legna; cantine per la vendemmia e la conservazione del vino; cisterne per la raccolta dell'acqua piovana e, soprattutto, pietre per la protezione dei terrazzamenti dove vengono alloggiati i filari di vite.
Una disponibilità di sole, acqua e materie prime da utilizzare in agricoltura ed edilizia assai diversa da quella del versante orientale di Ischia. Basti osservare le pendenze (con punte superiori al 40%) dei terrazzamenti delle colline di Cartaromana, Monte Vezzi e Piano Liguori, per non dire dell'assenza dei muri a secco a protezione dei terrazzamenti, in molte circostanze talmente stretti da ospitare un solo filare di vite per volta.
Differente anche la tecnica colturale: la minore esposizione solare, unitamente alla maggiore piovosità, hanno suggerito nei secoli lo sviluppo in altezza dei vitigni in modo simile a quanto avviene nella "Terra di Lavoro", la regione storico-geografica ricompresa tra la Campania e il basso Lazio. Inoltre, l'assenza di blocchi di tufo da lavorare per i più disparati usi ha obbligato le maestranze del lato est dell'isola d'Ischia a ricavare i cellai al piano terra delle abitazioni, quasi sempre con una scala di collegamento tra la casa e la cantina.
Il "ritorno alla terra", cui stiamo assistendo da qualche anno a questa parte, ha perciò anche questo di buono: la riscoperta del "paesaggio del vino" ischitano che è parte integrante delle etichette, alcune stabilmente inserite nei circuiti D.O.C. e I.G.T., che da anni danno lustro e vanto alla più grande delle isole flegree.
Magia dell'isola d'Ischia!!!