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L'isola dei Cercopi

Mito dei Cercopi

Il racconto mitologico dei Cercopi, ricorre in diverse regioni della Grecia e dell’Asia minore*. Protagonisti sono i fratelli Frinonda ed Euribato**- figli di Teia, a sua volta figlia del titano Oceano - due malfattori dediti al saccheggio e alle ruberie dei viandanti. Un giorno incontrarono sul loro cammino un uomo che riposava sul ciglio di una strada e pensarono bene, come da abitudine, di privarlo delle armi e degli oggetti che aveva con sè.

I due ignoravano che si trattava di Eracle, leggendario eroe dalla forza infinita, mandato al loro paese dalla regina Onfale col preciso compito di liberare la comunità locale dal giogo cui era sottomessa. L’eroe ebbe facilmente la meglio sui due, quindi li appese per i piedi alle due estremità di un bastone e se li caricò sulle spalle. Messi a testa in giù si accorsero delle natiche nere e villose (simbolo di virilità) di Eracle e compresero finalmente il presagio della loro madre che, sin dalla tenera età, li aveva messi in guardia dall'affrontare un eroe detto Melampygo (deretano nero). Pur se in trappola, i malviventi scoppiarono a ridere trasmettendo la loro incontenibile ilarità all'eroe, che così decise di lasciarli liberi.

I due briganti, dopo l'incontro con il misterioso Melampygo - che, in qualche modo, ne aveva svelato il destino realizzando la profezia materna - scelsero di continuare a fare i briganti e per questo Zeus li trasformò in scimmie e li trasportò alle due isole di Procida e Ischia, da allora denominate Arcipelago delle scimmie, in greco, Pitecuse.


Partendo dal racconto, è interessante speculare sui suoi significati nascosti: (i) la scoperta di ciò che di norma non si vede, (ii) il riso liberatorio, (iii) la trasformazione in scimmie, (iiii) la deportazione dei due furfanti.

Per la civiltà greca ciò che di norma non si conosce non è ciò che sta davanti
, il futuro, quanto ciò che sta dietro, il passato. Realizzando la profezia materna, i due furfanti comprendono il loro destino, tanto che in alcune versioni della leggenda la trasformazione in scimmie è contestuale a questa scoperta e non avviene per la successiva punizione di Zeus.

La risata liberatoria dei due furfanti, cui partecipa anche Eracle - l’eroe civilizzatore -  favorisce il reciproco riconoscimento, la consapevolezza della somiglianza, della vicinanza, tra il civile e il selvaggio, il bene e il male, la vita e la morte (eros e thanatos).

La loro trasformazione in scimmie (cercopitechi) e il successivo trasporto a Ischia e Procida, serviva a palesare il complesso di superiorità nutrito dai colonizzatori greci nei confronti dei colonizzati (in questo caso gli indigeni delle due isole), visti come selvaggi abitatori di un territorio inospitale, sia per la ricorrenza di fenomeni vulcanici e tellurici, che per la presenza di numerose sorgenti d’acqua calda.

La scimmia, d’altro canto, non è avversaria dell’uomo. Ne rappresenta la parte oscura; è il suo specchio deforme; tanto che utilizziamo l’espressione “scimmiottare” per descrivere il comportamento di qualcuno che con i suoi modi, i suoi gesti, deride il suo simile. In definitiva, la scimmia è l’altra parte dell’animo umano, sempre sospeso tra commedia e tragedia e soltanto in epoca cristiano-medioevale, quando viene fissata una dicotomia etico-filosofica tra bene e male, le sembianze scimmiesche diventano allegorìa del demonio.

Delle stesse sorgenti termali, che pure evocavano scenari di terre inospitali, di porte degli inferi, i greci riconoscevano le proprietà curative, tanto che Eracle nell’antichità veniva spesso raffigurato affianco a delle pozze di acqua calda, intento a ritemprarsi dalle sue famose fatiche (le 12 fatiche di Eracle che temporalmente precedono questo racconto). Anche per questo, probabilmente, il mito dei Cercopi è approdato fino a Ischia.


*Alcune versioni della leggenda localizzano l’accaduto nella regione delle Termopili (Thermopilay), “le porte del caldo” per le sorgenti d’acqua calda che evocano l’ingresso agli inferi; altre, nell’isola di Eubea, da dove provenivano i primi colonizzatori dell’isola d’Ischia. L’episodio è stato poi definitivamente situato in Lidia (Turchia), perchè collegato alla regina Onfale, presso cui Eracle prestava servizio come schiavo.

**Noti anche con i nomi di Passalo e Acmone,  Sillo e Triballo e in epoca romana con quelli di Candolo e Atlante. Anche sulle fattezze fisiche dei due le diverse versioni della leggenda non sono univoche. In alcuni casi venivano descritti come uomini molto alti e dalla notevole forza. In altri, come nani dalle buffe sembianze.

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