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Ischia e quell'irresistibile soffio di luce

Gli anni d'oro dell'isola d'Ischia

Una comunità deve tutelare la propria storia esattamente come fa col proprio ambiente. Il '900 dell’isola d’Ischia, in particolar modo il secondo dopoguerra, ha rappresentato una straordinaria stagione di cosmopolitismo umano e artistico sviluppatosi attorno ai centri urbani di Forio, Sant’Angelo e Ischia Porto. Su questo periodo irripetibile, la cui eco si è spenta del tutto negli anni '70, sono stati scritti numerosi articoli e saggi che non sempre però sono riusciti ad andare oltre la semplice aneddottica.

Non così "Un irresistibile soffio di luce" di Massimo Ielasi (Imagaenaria Edizioni Ischia, 2008) che, al contrario, in molte parti del libro riprende le parole degli stessi protagonisti o di quei scrittori e giornalisti che provarono a spiegare quello che accadeva, mentre accadeva. Testimonianze sicuramente più precise e alte di quanto possano esserlo le ricostruzioni e i commenti successivi, tanto più se a lasciarle sono personalità del calibro di Carlo Levi (1902-1975), l’autore di "Cristo si è fermato a Eboli" che così si esprimeva a proposito della vita ischitana dell’amico Eduard Bargheer, cui lo legava la comune passione per la pittura:

"Sopra tutto mi piacque il modo con cui parla­va di Ischia, dell'Epomeo, delle cave e delle grotte, dei pescatori e dei pastori, e degli dei agresti, che dividono con loro il pane e si riposano all'ombra dei fichi; di quel mondo di poveri, di solitudine e d'incanto, dove la bizzarra capra è regina, e il mare e la terra sono pieni di presenze invisibili, mescolate di continuo alle più piccole vicende quotidiane. Eravamo in piena guerra, e questo giovane tede­sco pensava e parlava come se la ferocia, la divisione e l'assurda follia non esistessero e non lo toccas­sero: né si lagnava di quanto egli stesso ne avesse sofferto".

Emblematica anche la testimonianza dello storico dell’arte statunitense Bernard Berenson
(1865-1959) che, ospite di William e Susana Walton nella cornice unica del bosco di Zaro, così descrisse la bellezza del luogo scelto come dimora dal compositore inglese e la giovane moglie argentina:
"Non ricordo di aver mai visto nei paesi dove sono stato un posto con più varia e più naturale bellezza di quella che ci offre l’isola d’Ischia. [...] siamo stati con i Walton alla Punta Caruso, non distante dalla loro casa, e rare volte mi sono sentito commosso a quel punto dalla veduta del mare e dell’orizzonte lontano".
Un mondo di solitudine e d’incanto dove ci si commuove alla vista del mare e dell’orizzonte lontano. Questa era l’isola d’Ischia subito dopo la seconda guerra mondiale e anche se non succede più come nei ricordi di Maria Senese "e Zibacchiello" del Bar Internazionale, quando "i turisti venivano a Forio per vedere da vicino il poeta Auden o Truman Capote mentre bevevano whisky", la luce e i paesaggi di cui si innamorarono tanti pittori, scrittori, poeti, musicisti e critici letterari, sono ancora qui. Sono ancora la vera ricchezza dell’isola più bella e grande del golfo di Napoli.

Provare per credere!

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