Le parole con cui lo scrittore e giornalista napoletano Domenico Rea "ha dipinto" - è proprio il caso di dire - l’umanità e l’arte di Mario Mazzella (1923 - 2008), sono probabilmente, per profondità e stile, le migliori mai scritte. Rea, collaborando a una monografia pubblicata per il 60esimo compleanno dell’artista ischitano, scrive a proposito di Mazzella:
"Nascere è un caso, ma è anche un destino [...] Di Giacomo sta a Napoli, come Verga alla Sicilia, come Picasso alla Spagna e De Chirico alla Grecia. Senza Ischia [...] non ci potremmo spiegare il destino pittorico di Mazzella. Mazzella è un’essenza di Ischia, una sua maniera di stare sulla terra". Ancora: "Si capisce che Mazzella ha studiato a fondo De Chirico, Carrà, Van Gogh, Gauguin e, più vicino a lui, Emilio Notte. Ma il suo lavoro è stato quello di 'arrenderli' alla sua domesticità; di portare la loro grande lezione nei termini complessi del suo mondo semplice; sicuro che nella pittura, più che in tante altre arti, non è possibile barare, essere diversi da quel che si è. [...] La fiaba che si ricava dalle tele di Mazzella nasce dalla fatica, dai terrori superati, e dalla sublimazione di essi".
In scia a quanto mirabilmente scritto da Rea, anche la testimonianza di una grande personalità dell’isola d’Ischia, il prof. Edoardo Malagoli (1918 - 2001), allievo di Benedetto Croce e per molti anni docente di Italiano e Latino presso il Liceo Classico di Ischia. Malagoli, scrive che:
"Il tempo, soprattutto l'ultimo tempo, quello della metamorfosi turistica, risulta rimosso e sotterraneamente condannato, quasi a voler tramandare l'immagine archetipica del mondo prima della sua apocalisse" ed aggiunge che, come magistralmente ha chiarito Domenico Rea, "la luce che splende nei quadri di Mazzella, che stringe in unità le sue tele, è indubbiamente una luce 'ischitana', capace di esprimere l'anima segreta, il ‘mito domestico’ dell’isola".
Nella pittura di Mazzella sono dunque presenti il dolore e la rassegnazione per la dissoluzione dell'identità storica dell'isola, soprattutto della rottura del rapporto liminale dell’uomo con il mare. La perdita dell’equilibrio dinamico nel rapporto uomo/natura, non viene però denunciato, ma piuttosto sublimato, stilizzato in figure umane che, nella loro fissità, segnalano l’immanenza del bene e del male come dimensioni costitutive dell’essere. Soprattutto l’immagine della donna, quasi sempre pensosa e assorta, è un tema molto frequente nella pittura di Mazzella, probabilmente a testimonianza della composta nostalgia dell’uomo verso l’amata figura materna.
Quello che però ha fatto veramente la differenza nella pittura di Mario Mazzella è stata la profonda padronanza della tecnica, sia per quel che riguarda le linee, che per l’uso sapiente del colore. La conoscenza del mestiere, sicuramente maggiore rispetto a tanti altri artisti ischitani del ‘900, è ciò che ha contribuito, in maniera decisiva, a decretare il grandissimo successo di pubblico e di critica di quest’uomo semplice e mite (Cavaliere della Repubblica, ha esposto in Italia, in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone). Pur consapevole della fama e della considerazione raggiunte, Mario Mazzella ha però continuato a vivere e creare nella sua galleria, nell’amato e fascinoso borgo di Ischia Ponte che, per l’artista, è stato fonte inesauribile di ispirazione.