Non c’è molto materiale sulle opere e, più in generale, sulla figura del poliedrico artista ischitano Raffaele "Monnalisa" Di Meglio (1952-2004). A oggi le parole più belle scritte su questo artista sui generis restano quelle contenute nel bellissimo libro Artisti dell’Isola d’Ischia (a cura di Massimo Ielasi, Società Editrice Napoletana, 1982) per mano del giornalista e saggista Enrico Giuffredi e di Tonino Della Vecchia, socio fondatore del circolo G.Sadoul dell'isola d’Ischia, nonchè l’uomo cui si deve il più importante contributo di iniziative culturali sull’isola degli ultimi trent’anni.
Giuffredi scrive a proposito di Di Meglio che è "di Ischia, senza essere ischitano nella tematica e nelle intenzioni", mentre Della Vecchia, in sostanziale continuità, afferma che "le opere di Raffaele Di Meglio costituiscono una sfida, una rottura", rispetto "all’assuefazione ad un piatto vedutismo di tarda scuola napoletana". Ancora, Giuffredi insinua che forse Di Meglio sarebbe stato "terrorista a Francoforte con Baader o a Milano con Curcio" se non avesse fatto "karakiri della propria rivolta grazie al fiorire del nespolo e al verdeggiare dell’Epomeo", e, di rimando, Della Vecchia interpreta l’atteggiamento di rifiuto del Di Meglio verso l’isola con "il predominare sempre maggiore di una concezione commerciale che regola la vita culturale e sociale, deprimendo la prima ed esaltando i peggiori istinti della seconda".
Queste testimonianze sono tanto più incredibili se si tiene conto del fatto che all’epoca in cui vennero scritte Raffaele Di Meglio aveva solo trent’anni e, per tutto il tempo restante in cui è vissuto, quest’artista è rimasto fedele alla sua fama di "enfant terrible", di avanguardia artistica costantemente alla ricerca, anche nella vita di tutti i giorni, di un altrove cui rivolgersi. Basti pensare che due delle passioni più sentite dall’uomo sono state la pratica non comune del deltaplano e la costruzione, purtroppo mai terminata, di un vascello di 25 metri presso un cantiere in Turchia sulle rive del Mar Nero.
Da giovane fu legato da una profonda amicizia umana e artistica con altri due grandi personalità di Forio, Giuseppe Patalano, in arte "Bolivar" e, soprattutto, il grande Aldo Pagliacci, che scelse di vivere gli ultimi anni della sua vita stabilmente nel paese delle torri, dove per altro aveva già soggiornato innumerevoli volte. E in scia a questa - forse - casuale tradizione di paese d’artisti anche Raffaele Di Meglio scelse di vivere a Forio, nella cornice appartata e ancora un po' selvaggia del promontorio di Punta Imperatore. Qui, fino al 2004, anno della sua prematura scomparsa, ha continuato a occuparsi di pittura, scultura, ceramica e, da ultimo, di grafica tridimensionale, riscuotendo in quest’ultimo campo anche un discreto successo di critica, che però non ha fatto in tempo a consolidare.